Il programmatic Advertising cresce in Italia del 30/40% nel 2016
Gli investimenti in programmatic advertising aumenteranno nel 2016 del 30/40% rispetto allo scorso anno, raggiungendo un giro d’affari di 300 milioni di euro; tale previsione emerge dal dati dell’Osservatorio New Media & New Internet del PoliMi, presentati nel corso della seconda edizione del Programmatic Day.
L’acquisto automatizzato a fine anno arriverà così a pesare per il 25-30% del totale display advertising.
Il programmatic, oltre a confermarsi come uno dei comparti più dinamici della pubblicità online, beneficerà nel 2016 di un mercato pubblicitario atteso in ripresa, anche grazie ad importanti eventi come le Olimpiadi di Rio e gli Europei di calcio.
Secondo le stime elaborate dal Politecnico di Milano, nel 2012 il programmatic advertising valeva 5 milioni di euro, pari all’1% del display advertising, mentre nel 2015 è arrivato a raccogliere un totale di 234 milioni, con una quota di mercato del 19%, registrando una crescita del 113% rispetto al 2014.
La crescita pare dunque inarrestabile e dovrebbe così permettere all’Italia di colmare, negli anni a venire, il gap che la separava ancora dai mercati più maturi, a partire da Stati Uniti e Gran Bretagna, dove la spesa in programmatic peserà a fine anno rispettivamente per il 67% e per il 70% sulla Display,
L’acquisto automatizzato a fine anno arriverà così a pesare per il 25-30% del totale display advertising.
Il programmatic, oltre a confermarsi come uno dei comparti più dinamici della pubblicità online, beneficerà nel 2016 di un mercato pubblicitario atteso in ripresa, anche grazie ad importanti eventi come le Olimpiadi di Rio e gli Europei di calcio.
Secondo le stime elaborate dal Politecnico di Milano, nel 2012 il programmatic advertising valeva 5 milioni di euro, pari all’1% del display advertising, mentre nel 2015 è arrivato a raccogliere un totale di 234 milioni, con una quota di mercato del 19%, registrando una crescita del 113% rispetto al 2014.
La crescita pare dunque inarrestabile e dovrebbe così permettere all’Italia di colmare, negli anni a venire, il gap che la separava ancora dai mercati più maturi, a partire da Stati Uniti e Gran Bretagna, dove la spesa in programmatic peserà a fine anno rispettivamente per il 67% e per il 70% sulla Display,
Il programmatic cresce e diventa anche più maturo sul fronte dell’offerta.
Secondo Andrea Lamperti, Responsabile dell’Osservatorio «è’ in atto un generale miglioramento della qualità degli spazi messi a disposizione degli inserzionisti. Si sta così superando la concezione del low cost e dell’invenduto, spesso legata al programmatic. Anche perché tante aziende ricorrono all’acquisto automatizzato non più solo in chiave di performance ma anche con obiettivi legati al rafforzamento dei brand».
Guardando al futuro, si evidenzia un aumento del peso sul mercato dei private markeplace (nel 2015 la loro quota di mercato era del 25-30%) rispetto all’open market.
Aumentano anche gli investimenti in programmatic sul mobile: nel 2015 la loro quota sul totale è stata pari al 15%.
A trainare maggiormente la spesa in programmatic nel nostro Paese sono ancora oggi però il Real-Time Bidding e le transazioni in Open Market.
La parte legata al programmatic Direct è difatti ancora poco sviluppata nel nostro Paese, ed è qui che il mercato italiano dovrà lavorare per colmare il divario con i mercati più sviluppati.
Il segmento Direct viene non a caso riconosciuto come uno dei driver di crescita futura del programmatic in Italia, insieme a Video, Native, all’aumento della disponibilità di inventory premium, allo sviluppo ulteriore del Header Bidding, delle DMP (Data Management Platform) e dei modelli di attribuzione per efficaci planning Cross-Device.
Cresce intanto il numero di aziende che investono i loro budget pubblicitari in programmatic, ma molto resta da fare per colmare il gap con i mercati più evoluti: da un sondaggio realizzato da Lens Academy e da IlFac su 235 società italiane (qui l’articolo dedicato), presentato nel corso del Programmatic Day, è emerso come il 44,5% del campione non sappia che cosa sia il programmatic buying. Informazione e formazione dunque diventano leve fondamentali per la crescita non solo dello stesso mercato, ma della consapevolezza di chi investe.
Secondo Andrea Lamperti, Responsabile dell’Osservatorio «è’ in atto un generale miglioramento della qualità degli spazi messi a disposizione degli inserzionisti. Si sta così superando la concezione del low cost e dell’invenduto, spesso legata al programmatic. Anche perché tante aziende ricorrono all’acquisto automatizzato non più solo in chiave di performance ma anche con obiettivi legati al rafforzamento dei brand».
Guardando al futuro, si evidenzia un aumento del peso sul mercato dei private markeplace (nel 2015 la loro quota di mercato era del 25-30%) rispetto all’open market.
Aumentano anche gli investimenti in programmatic sul mobile: nel 2015 la loro quota sul totale è stata pari al 15%.
A trainare maggiormente la spesa in programmatic nel nostro Paese sono ancora oggi però il Real-Time Bidding e le transazioni in Open Market.
La parte legata al programmatic Direct è difatti ancora poco sviluppata nel nostro Paese, ed è qui che il mercato italiano dovrà lavorare per colmare il divario con i mercati più sviluppati.
Il segmento Direct viene non a caso riconosciuto come uno dei driver di crescita futura del programmatic in Italia, insieme a Video, Native, all’aumento della disponibilità di inventory premium, allo sviluppo ulteriore del Header Bidding, delle DMP (Data Management Platform) e dei modelli di attribuzione per efficaci planning Cross-Device.
Cresce intanto il numero di aziende che investono i loro budget pubblicitari in programmatic, ma molto resta da fare per colmare il gap con i mercati più evoluti: da un sondaggio realizzato da Lens Academy e da IlFac su 235 società italiane (qui l’articolo dedicato), presentato nel corso del Programmatic Day, è emerso come il 44,5% del campione non sappia che cosa sia il programmatic buying. Informazione e formazione dunque diventano leve fondamentali per la crescita non solo dello stesso mercato, ma della consapevolezza di chi investe.