Il caso Washington Post: gli abbonamenti digitali volano, +145% anno su anno
Social, prove gratuite attraverso Amazon e newsletter studiate per nicchie e argomenti hanno portato un incremento massiccio dell’utenza, poi trasformata in abbonati. La strategia è semplice, aumentare la reach e limitare l’esperienza free. Così gli utenti hanno imparato ad apprezzare le notizie e a pagare per leggerle.
Il Washington Post ha dimostrato di sapere il fatto suo quando si tratta di aumentare il traffico di utenti. Sfruttando con aggressività le piattaforme social come Facebook e spingendo forte su video virali, la testata ha superato il traffico del The New York Times con un’utenza multiplatform vicina al 63 milioni di unique user, crescendo del 32% rispetto all’anno precedente. A grandi flussi di utenza però non corrisponde automaticamente la salute finanziaria, ed è per questo che l’editore sta puntando a guidare i suoi lettori verso l’abbonamento.
Crescita Sebbene la società non pubblichi dati di bilancio, è di proprietà do Jeff Bezos e non è quotata, si dice che la digital circulation non abbia un grosso peso sulle revenue provenienti dal web, quantificate lo scorso mese in 60 milioni di dollari. Un numero basso, ma pronto a salire spinto dalla crescita a +145%, anno su anno, degli abbonamenti digital only.
Strategia La strategia dietro a questi risultati si articola in tre mosse: la distribuzione dei contenuti ad audience più vaste sfruttando i social network; l’utilizzo di Facebook Instant Articles in cui l’editore pubblica tutti i suoi articoli; il vantaggio dato dal ruolo di Bezos in Amazon, grazie al quale la app del Post è gratis sui tablet Kindle Fire e l’abbonamento è gratis per sei mesi per i membri di Amazon Prime. A livello contenutistico, invece, la redazione sta moltiplicando i contenuti relativi all’opinione pubblica e alla copertura sui fatti politici. Argomenti che i lettori trovano particolarmente interessanti.
Conversione L’indicatore che più di ogni altro predice la conversione da lettore free ad abbonato è la quantità di articoli che ogni utente legge. Per questo il Post ha abbattuto il tempo di caricamento delle pagine dell’85% e sta studiando il comportamento degli user per riuscire a individuare il contenuto più allettante da proporgli dopo la lettura. Anche l’utilizzo delle newsletter è stato indicato come un modo efficace per arrivare alle tasche degli utenti. La testata ne produce più di 50, dalla più generale a quelle dedicate a nicchie di interessi, da quelle pop-up a quelle relative a un solo argomento. La diversificazione della newsletter è stata una trovata ingegnosa ed efficace, tanto che nel 2015 il traffico al sito proveniente dalle mail è cresciuto del 129% e gli iscritti sono circa un milione in più. Sono stati aggiustati anche alcuni “bug”: circa un anno fa è stato ridotto a 5 (da “illimitati”) il numero di articoli fruibili da chi accede al sito attraverso la newsletter, da poco lo stesso accorgimento è stato applicato anche per i social. Scelte che hanno dato una forte spinta agli abbonamenti, ha dichiarato Beth Diaz, vp of audience development and analytics. Il Post sta lavorando molto anche sulla scalabilità delle sottoscrizioni, prima incoraggiando i lettori più assidui a diventare abituali mostrando un pop up che suggerisca l’iscrizione alla newsletter, poi proponendo un abbonamento che costa la metà di quello del New York Times (99 dollari all’anno contro 195). Le fonti sono ancora una volta non ufficiali, ma si dice che dagli abbonamenti (carta e stampa) provenga il 30% delle revenue.
In molti credono ancora che le notizie dovrebbero essere gratis, ma il vento sta cambiando e questo rappresenta solo un beneficio per il Post. “Vedo un’apertura sempre maggiore tra i consumatori di notizie verso il fatto che il giornalismo di qualità ha un costo, e ha senso pagare per il prodotto che si sta consumando” conclude Diaz.
Fonte: 360.com del 12.07.16